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Arcangeli Massimo

Sciacquati la bocca. Parole, gesti e segni dalla pancia degli italiani

Editore: Il Saggiatore

Prezzo: 22,00 €

Collana: La cultura

N.: 1202

Anno di pubblicazione: 2018

Tipologia: Libro in brossura

Scaffale: LINGUISTICA

Settore: Scienze sociali e umane

Pagine: 387

EAN: 9788842824664

22,00 €
(prezzo di vendita al pubblico)
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Descrizione

Contesa da tutti, compresa da nessuno, la fantomatica «pancia del paese» è il punto ombelicale del discorso pubblico contemporaneo. Ma cosa succede se ad auscultare i borborigmi che giungono dal suo interno è uno studioso della lingua italiana? Cosa succede se, anziché evocare a sproposito un luogo divenuto ormai mitologico, si tenta di registrare e interpretare i cavernosi suoni che da quel (basso) ventre provengono? Cosa succede, insomma, se si cerca di ripercorrere il tragitto che dalla pancia conduce alla bocca e per suo mezzo alla fonazione? Inoltrandosi in questo lubrico terreno, Massimo Arcangeli fotografa un popolo di santi, poeti e ferventi imprecatori, di folli gesticolatori nel loro smodato dimenarsi, dall'ombrello di Alberto Sordi all'impudico dito medio che si solleva a sferzare l'avversario di turno. Indaga le fonti letterarie, scovando la volgare eloquenza di una lingua d'inferno e paradiso, un organismo complesso in cui palpita un cor gentil ma vibra anche un cul fattosi trombetta. Segnala lo scorrere al fondo del nostro idioma di una vena misogina, razzista, maschilista, forse anche priapista, a giudicare dal proliferare dei sinonimi fallici qui analizzati: fava, salame, sanguinaccio e sarciccia, carota, carruba, maritozzo e bacchetta, bastone, bordone, maglio e martello. ""Sciacquati la bocca"" è il racconto della lingua italiana vista dal basso. Lontano dalla volontà normatrice di chi la vorrebbe imprigionare nello spazio chiuso delle grammatiche, lontano dai propugnatori degli usi anarchici incondizionati, arcinemico del politically correct, Arcangeli mostra una lingua che è spazio discontinuo di un caos ordinato, creativo: perché chi dice volgarità ha un serbatoio linguistico più libero e ricco, come sapevano Dante Alighieri, Leonardo da Vinci e Carlo Emilio Gadda. Ne scaturisce una diversa immagine dell'Italia, delle molte Italie di oggi e di ieri, e un invito a risciacquare i panni non nelle chiare, fresche e dolci acque ma, per una volta, negli acquitrini più limacciosi, opachi e brulicanti di vita.